Non solo fitodepurazione: tutte le ricette con i tuberi della Sagittaria

giovedì 10 aprile 2014

Viene chiamata erba saetta per la forma delle sue foglie: è la Sagittaria sagittifollia, una pianta perenne erbacea utilizzata nella fitodepurazione di biolaghetti e piscine naturali.

Oltre a essere un’alleata dell’ambiente, la Sagittaria produce tuberi tondi e commestibili, conosciuti in Cina come “fungo buono” consumato soprattutto nel periodo del Capodanno. I tuberi – detti anche wapato nella lingua delle tribù native americane, che se ne cibavano in enorme quantità – sono ricchi d’amido, come le patate, rispetto alle quali sono tuttavia più croccanti, anche una volta cotti.

Sagittaria: origine, caratteristiche e tipologie

La Sagittaria cresce generalmente in acqua alta tra i 10 e i 50 centimetri. Le foglie che crescono all’aria, a forma di saetta, danno il nome alla pianta: la loro lunghezza è tra i 15 e i 25 centimetri per una larghezza compresa tra i 10 e i 22 centimetri, e con un gambo che può distanziarsi anche di 45 centimetri in altezza dall’acqua. La Sagittaria presenta inoltre foglie sommerse, queste più sottili e lineari, quasi filiformi: lunghe fino a 80 centimetri, si fermano infatti a una larghezza di 2 centimetri.In estate la Sagittaria fiorisce con una lunga pannocchia formata da 6 – 8 fiori a tre petali, di colore bianco. Nel periodo successiva alla fioritura, la Sagittaria produce tuberi bianchi utili all’accumulo delle sostanze nutritive nel corso dell’inverno.

La sagittaria in cucina

C’è chi dice che i tuberi della Sagittaria non solo siano commestibili, ma siano talmente buoni da meritare l’invito a cena di qualche amico, che a sua volta inizierà a diffondere il verbo della loro prelibatezza. Prima di essere consumati, i tuberi devono essere anzitutto puliti, lavati e sbucciati (badando di non sprecare polpa!) e devono essere tagliate le due estremità. In realtà la questione della buccia è personale: qualcuno consiglia di lasciarla intatta, a patto che non si disdegni un sapore più amaro.

A questo punto ci si può sbizzarrire nelle ricette più diverse a partire da quelle che prevedono l’utilizzo di patate, dalle quali tuttavia i tuberi della Sagittaria si differenziano nel sapore: i wapato portano con sé una vaga amarezza unita di contro a un gusto che ricorda il mais dolce. I tuberi possono essere lasciati bollire per una mezz’ora, scolati e poi schiacciati ottenendo una purea cui aggiungere, a piacere, acqua o latte, ed eventualmente burro, sale e pepe. Un’altra ricetta suggerisce di lasciarli asciugare accanto alla stufa o al fuoco per poi macinarli grossolanamente, versarli in acqua bollente per un minuto circa e mettere al sicuro una cena a base di ottima zuppa. Possono inoltre essere utilizzati come contorno per spezzatini e stufato, come ingrediente di una ricca insalata o, ancora, diventare parte integrante di una torta salata saporita.

Nonostante sia l’elemento principale, il tubero non è l’unica parte commestibile della Sagittaria. La punta tenera del rizoma – da raccogliere in tarda estate – è una verdura appetitosa sia bollita che cruda, con un sapore simile al wapato ma dai toni più dolci. Le foglie, infine, possono essere utilizzate dalla tarda primavera per preparare decotti o infusi.